Banner della mostra “Frida Kahlo” a Roma
“Frida” di Beatrice Brandini
Icona indiscussa della cultura messicana e moderna, anticipatrice del movimento femminista, soggetto perfetto per marketing e merchandising, ma soprattutto donna indomita, coraggiosa, libera e indipendente.
“Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni…” Frida Kahlo, 1953
Frida Kahlo “Autoritratto per il Dr. Eloesser”, 1940. Collezione privata
Alle Scuderie del Quirinale, a Roma, fino al 31 Agosto, c’è una bellissima mostra su Frida Kahlo, che raccoglie capolavori provenienti da collezioni di tutto il mondo, da raccolte pubbliche e private, mai esposte in Italia. Mostra che vuole soprattutto indagare sui rapporti dell’artista con i movimenti artistici dell’epoca, dal Modernismo messicano al Surrealismo internazionale. E’ una mostra davvero bella; l’ho apprezzata per alcune opere meno “scontate” e per me sconosciute, come i disegni e alcuni astratti, e per la parte dei bellissimi e malinconici ritratti, molti per opera di Nickolas Muray, in cui si coglie la vera natura di Frida Kahlo.
Frida Kahlo “Le due Frida”, 1939. Città del Messico, Museo di Arte Moderna
Nella vita di questa incredibile artista, molte sono le cose da raccontare, tuttavia due sono gli episodi più significativi nella sua vita e, conseguentemente, nella sua arte: l’incontro con Diego Rivera, famosissimo artista muralista messicano, sodalizio artistico e privato che mai si esaurirà, e le sue grandi sofferenze fisiche. Nata con una spina bifida, mai diagnosticata e curata correttamente, e vittima di un pauroso incidente a cui sopravvisse per miracolo, eventi che le lasceranno traumi nel fisico e nello spirito per sempre. Malgrado ciò carattere e temperamento la portano a reagire, la tragedia si trasforma in passione per l’arte, la costrizione all‘immobilità, protratta per mesi, l’avvicinerà alla pittura, alla quale si dedicherà per tutta la vita, un modo per esorcizzare il dolore, fisico e morale.
Frida Kahlo “Io e i miei pappagalli”, 1941. Collezione Mr. & Mrs Harold H. Stream, New Orleans
Molti sono i quadri in cui si celebra l’autorappresentazione, qui l’autoritratto assume un importanza vitale, sia in termine di numero di opere esposte, sia per i valori che rimandano al mito di Frida, quei simboli iconografici e culturali che hanno fatto diventare Frida Kahlo un icona del Novecento. Queste tele, personali ed intimiste, erano una sorta di autoanalisi, i personali turbamenti, e le personali visioni, dell’artista. Per questo quando le chiedevano il motivo dei suoi innumerevoli autoritratti, Frida rispondeva che lei stessa era la cosa che conosceva meglio.
“A cosa mi servono i piedi se ho ali per volare?”. Frida Kahlo
Frida Kahlo “Autoritratto con scimmie”, 1943. Collezione Jacques and Natasha Gelman, Città del Messico
Alla fine degli anni Trenta alcuni suoi lavori furono esposti a New York e a Parigi, anche se erano momenti difficili. Le cose cambiarono quando il ministero dell’istruzione messicana le chiese di insegnare presso l’Accademia “La Esmeralda”. Gli studenti l’adoravano, alcuni la veneravano da diventare suoi seguaci, tanto da essere soprannominati “Los Fridos”. E’ a loro che è dedicata la tela “Autoritratto con scimmie”, dove gli studenti sono appunto rappresentati come scimmiette adoranti.
Frida Kahlo “La colonna spezzata”, 1944. Museo Dolores Olmedo Patino, Città del Messico.
Nel 1944 la Kahlo subì l’ennesimo intervento, quattro vertebre furono saldate ad un asta metallica lunga 15 cm. I dolori divennero insopportabili e per questo dipinse il quadro “La colonna spezzata”, dove nel suo volto, apparentemente distaccato, compaiano lacrime, sul corpo chiodi che feriscono carne e anima e un busto, che la costringe come una gabbia, insopportabile. E’ la trasposizione grafica del suo dolore fisico e psicologico.
Conobbe André Breton, padre del movimento surrealista, e fu lui a lanciarla nel panorama mondiale del surrealismo e nella scena europea. Tuttavia Frida non si sentì mai surrealista. Infatti dichiarò: “Non ho mai pensato di essere una pittrice surrealista. Ho sempre dipinto la mia quotidiana realtà di sofferenza e anche i miei quadri più strani non sono altro che la fedele cronaca della mia vita”.
Frida “nella panchina bianca”, foto di Nickolas Murray, 1939
Molti sono gli elementi che ripropone nelle sue tele, come il cuore, qui non iconografia dell’amore e del romanticismo, ma simbolo della sofferenza. Oppure le corone di spine, che spesso le cerchiano il collo, provocandole dolore e sangue, diventano la negazione della libertà, una costrizione, sicuramente anche per la sua condizione fisica. Nessun dolore vissuto nella vita è escluso dalla sua arte. I feti dei suoi innumerevoli aborti, le cicatrici delle tante operazioni subite, le apparecchiature mediche, le lacrime, le pene d’amore frutto del travagliato rapporto con Diego Rivera. “L’angoscia e il dolore. Il piacere e la morte non sono nient’altro che un processo per esistere”. Frdia Kahlo
Autoritratto con collana di spine, 1940 Parete pitturata in mostra
Nel 1953 a causa di un grave peggioramento di salute, le viene amputata una gamba (aveva “predetto” questa tragedia quindici anni prima rappresentandola in un quadro). Ma nonostante tutto, il suo ultimo dipinto, eseguito otto giorni prima di morire, è un omaggio alla vita. Frida ritrae una natura morta, rappresentata da alcuni cocomeri rossi e succosi, e in una fetta scriverà “Viva la Vida”. Frida aveva capito, più di chiunque altro, che la vita è anche sofferenza, un mistero impossibile da decifrare, e che l’unica cosa da fare per sopravvivere, è viverla avidamente, gustare ogni attimo della propria esistenza come fosse l’ultimo.
Frida Kahlo “Viva la Vida”, 1954 Museo di Coyoacàn Città del Messico
Si congedò scrivendo nel suo diario: “Spero che l’uscita sia gioiosa e spero di non tornare mai indietro”. Frida Kahlo
Frida Kahlo in alcune immagini dell’epoca.
Frida Kahlo visse sempre con passione, amori, amicizie, feste, fumo, alcol, una vita piena e volutamente esposta. L’incarnazione della donna emancipata e libera. Sempre fedele a se stessa. “Vissi d’arte, vissi d’amore”. Frida Kahlo
L’ Officiel 1998, Laura Ponte fotografata da Iris Brosch. Harper’s Bazaar 2001, Mariacarla Boscono fotografata da Nathaniel Goldberg. Vogue Tedesco 2010, Claudia Schiffer fotografata da Karl Lagerfeld.
Altri redazionali che rendono omaggio a Frida Kahlo (Bijou Brigitte lookbook 2014; DV Mode, 2011; Singles Korea, 2012).
Una piccolissima proposta ispirata a Frida… di Beatrice Brandini
Una piccolissima proposta ispirata a Frida… di Beatrice Brandini
Meravigliosa Frida!
Arrivederci Frida, spero che tu abbia trovato pace e serenità.
Buona vita a tutti!
Beatrice
I love it all. What a creative idea. The partroits turned out wonderful. I love to see parties which are not inspired by commercial characters. I love that your daughters are so cultured. You must be a wonderful mom 🙂