Regista di strada….
“Clara” di Beatrice Brandini
Sono da sempre innamorata del cinema, una delle cose che mi mancano di più ora che c’è meno tempo e un bimbo piccolo, è proprio vedere un film al cinema. La magia della sala cinematografica, il buio e il silenzio, l’attesa prima che lo spettacolo inizi, aver alimentato la mia curiosità leggendo recensioni e fantasticando sulla storia, scenografia, COSTUMI e ABITI…
Audrey Hepburn in Sabrina con un abito di Givenchy, la classe!
Quando ero piccola e mio padre mi portava al cinema (anche lui molto appassionato e sicuramente artefice di molti miei amori), gli chiedevo se c’erano donne nel film, ero molto piccola, ma ricordo bene questa domanda ricorrente (la ricorda anche lui come una sorta di assillo… ). Se si analizza questo episodio della mia infanzia, significava già desiderare di vedere le attrici, i loro abiti, i loro gioielli, i loro accessori.
Humphrey Bogart in Casablanca… il trench!
Charlotte Rampling in “Portiere di notte”, nudità, sensualità, perversione; nessuna ha più indossato le bretelle in modo così sensuale.
Marilyn Monroe in “Quando la moglie è in vacanza”, un vestito dei grandi magazzini diventato simbolo e icona.
Uma Thurman in “Pulp Fiction”, trasformazione irriverente e sexy
Toni Servillo in “La grande bellezza”, il colore racconta la psicologia del personaggio
Da sempre cinema e moda sono stati un felice connubio, spesso un abito ha saputo valorizzare, a volte addirittura identificare ed imprimere, il carattere di un personaggio meglio di qualsiasi altra cosa. Alcune immagini che mostrano attori e attrici con un determinato abito, trucco e acconciatura, non solo sono entrate nell’immaginario collettivo, ma sono diventate quasi il successo stesso, il “marchio di fabbrica” di quel film, determinanti per la caratterizzazione del personaggio. Penso a Audrey con il tubino nero in “Colazione da Tiffany” o con fuseaux e ballerine in “Sabrina”; a Humphrey Bogart con il trench e il borsalino leggermente piegato in “Casablanca”; alle bretelle sui seni nudi di Charlotte Rampling in “Portiere di Notte”; a quella sorta di vestaglietta indossata da Sophia Loren nel “La Ciociara”; al vestito bianco svolazzante di Marilyn in “Quando la moglie è in vacanza”; a Uma Thurman con la camicia bianca e i pantaloni neri a sigaretta che balla in “Pulp Fuction”, fino alle giacche sgargianti di Jep Gambardella nel “La Grande Bellezza”…..
Sarah Bernhardt
Sarah Bernhardt… il dramma
Moda e cinema collaborano da sempre. Il primo fu Poul Poiret (grandissimo sarto francese che liberò la donna dai busti e che influenzò molto Hollywood), nel 1912 creò gli abiti per “la Regina Elisabetta” con Sarah Bernhardt. Da lì in avanti fu la volta dei costumisti, due nomi fra tutti quello di Adrian “chief costume designer” per la Metro Goldwyn Mayer, e quello di Edith Head (vincitrice di ben 8 premi Oscar per i costumi e di 48 nomination), a loro si deve la “costruzione” dell’immagine di attrici come Greta Garbo, Joan Crawford, Marlene Dietrich.
Louise Brooks, la modernità.
Louise Brooks nel “Vaso di Pandora”
Mary Pickford e Lillian Gish, le ragazze della porta accanto.
Clara Bow e Mae Murray, le femmes fatal.
In quegli anni, ’20/’30, le pellicole erano ancora in bianco e nero e al cinema si chiedeva principalmente di far sognare lo spettatore (anche per esorcizzare crisi e spettri di guerre appena passate), gli abiti per questo dovevano essere perfetti, sfarzosi e scintillanti. Importante citare film come “Viale del Tramonto” di B.Wilder con la Swanson vestita da Edith Head, o “Lulù, il vaso di Pandora” dove una bellissima e personalissima Louise Brooks viene vestita da Patou, siamo nel 1928. Poi ci furono attrici come Mary Pickford e Lillian Gish, ingenue e sbarazzine, femmes fatal come Clara Bow e Mae Murray, quest’ultima nel film “La vedova Allegra” vestita da un giovanissimo Adrian. Negli anni ’30 la moda diventa importantissima, determinante al successo del film. Per questo Hollywood diventa “fabbrica” di moda dalla quale attingono tutti, in America, come in Europa.
Greta Garbo in “Ninotchka” e nel “Velo dipinto”, il mistero e la classe.
Bette Davis, occhi che parlano.
Marlene Dietrich, l’ambiguità.
Joan Crawford, la diva, capriccio e talento
Dorothy Lamour, esotismo .
Da qui l’adulazione, che presto si trasforma in emulazione, da parte delle donne comuni nei confronti delle loro eroine, le dive. In “Destino” la Garbo lanciò la moda del cappello a cloche e del trench; in “Ninotchka” quella del basco; nel “Velo dipinto” quella del turbante. Bette Davis fu artefice del glamour hollywoodiano, Marleen Dietrich dello stile androgino, Joan Crawford delle spalle larghe nei tailleur e di una nuova “geometria” femminile, Dorothy Lamour della moda del saragon e dei tessuti orientali, etc. etc.
Veronica Lake, sexy e misteriosa
Katherine Hepburn, androgina e grande personalità.
Rita Hayworth in “Gilda”, la DONNA!
Rita Hayworth nel “La Signora di Shanghai”, estremamente sofisticata.
Grace Kelly nel “La finestra sul cortile”, la bellezza dei quartieri alti.
Kim Novak in “la donna che visse due volte”, enigma, mistero e seduzione.
Marilyn Monroe, femminilità e fragilità.
Elizabeth Taylor nel “La gatta sul tetto che scotta”, bellezza, sensualità e temperamento.
Poi Veronica Lake con la sua imitatissima acconciatura con il ciuffo che copre l’occhio; Katherine Hepburn, con lo stile garçonne interpretato in modo più pratico e americano, e l’uso smodato dei pantaloni. Rita Hayworth con lo spogliarello più famoso del cinema in Gilda, femme fatal e sofisticata allo stesso tempo. Grace Kelly, il mito della donna upper class. Kim Novak bella e seducente, grazie ad una profonda scollatura e a un pendentif allacciato in penombra, ha caratterizzato e reso uniche alcune scene del capolavoro di Hitchcock “La donna che visse due volte. E ancora, Audrey Hepburn, lo stile e l’eleganza; Marilyn Monroe, la femminilità e il peccato; Elizabeth Talylor, da bambina prodigio a star a donna predatrice (l’abito bianco incrociato davanti nel “La gatta sul tetto che scotta” copiato nei grandi magazzini realizzò un record di incassi).
Brigitte Bardot, la coquette.
Romy Schneider, meravigliosa e tormentata bellezza.
Silvana Mangano in “Riso Amaro” e in “Gruppo di famiglia in un interno”, da “sfacciata” e sensuale ragazza, a donna incredibilmente sofisticata.
Catherine Denevue in “Bella di Giorno”, la classe francese
Poi arrivarono le europee, prima fra tutte Brigitte Bardot, con la sua coda di cavallo, i pantaloni alla pescatora con le ballerine, la stampa vichy, i reggiseni a balconcino. Romy Schneider che dalla interpretazione della dolce principessa Sissi, passò alla sofisticata direzione di Luchino di Visconti, indossando Chanel dentro e fuori lo schermo. Poi la Loren e la Lollobrigida in Italia, entrambe dalla fisicità imponente che valorizzava soprattuto il punto vita, ma anche l’attraente Silvana Mangano, con le calze velate e shorts in “Riso Amaro” (memorabile!), e sofisticatissima in “Morte a Venezia” o “Gruppo di famiglia in un interno”, entrambi di Luchino Visconti. Importante citare anche Catherine Deneuve, vestita Yves Saint Laurent in “Bella di giorno”.
“Bonnie & Clyde”, film del 1967 con una Faye Dunaway assolutamente moderna ed irresistibile
Jane Fonda in “Barbarella”, una bellissima Jane Fonda con abiti di Paco Rabanne
Marisa Berenson in “Barry Lyndon”, una struggente Marisa Berenson con costumi della grande Milena Canonero
Dominique Sanda nel “Giardino dei Finzi Contini”, forse il film che mi ha colpito di più da adolescente, drammatico ed elegante. I ricchi ebrei con completi da tennis sono fra le scene più raffinate del cinema, la Sanda l’incarnazione della colta, bella e indipendente ragazza, segnata da un tragico destino.
Mia Farrow nel “Grande Gatsby”, oscar per i costumi e un incantevole Mia Farrow diventata icona della moda anni ’20
Altri film indimenticabili, anche grazie agli abiti indossati dai protagonisti, sono stati: “Bonnie & Clyde” con Faye Dunaway, “Barbarella” con Jane Fonda (abiti di Paco Rabanne), “Barry Lyndon” con Marisa Berenson (costumi di Milena Canonero, premio Oscar per questo film), “Il Grande Gatsby” con Mia Farrow (anche nella recente versione di Baz Luhrmann con abiti firmati Prada), “La mia Africa” con Meryl Streep (costumi sempre Milena Canonero), “American Gigolò” con Richard Gere (abiti Armani), “I Tanenbaum” con Gwyneth Paltrow (pelliccia di Fendi), “Dolls” di Takeshi Kitano (abiti Yohji Yamamoto), “Io sono l’amore” con Tilda Swinton (abiti Fendi e Jil Sander).
Richard Gere in “American Gigolò”, la nascita di un sex symbol, con abiti di Giorgio Armani
“Dolls” di Takeshi Kitano, pura poesia e abiti del maestro Yamamoto
Gwyneth Paltrow in “I Tanenbaum”, film visionario, irriverente e caustico, con una Gwyneth Paltrow imprescindibile dalla sua pelliccia (Fendi)
Tilda Swinton in “Io sono l’amore”, Tilda Swinton algida signora milanese, fuoco sotto la cenere
Una nota speciale è per Gabriella Pescucci, premio oscar per “L’età dell’innocenza” e per aver creato magnifici costumi per capolavori come “C’era una volta in America”, “Il nome della rosa”, “Le avventure del Barone di Munchausen”, “La fabbrica di cioccolato”.
Ne avrò sicuramente dimenticati molti, ho comunque elencato film e attrici che mi hanno colpito, condizionato o influenzato. Poi, come per tutte le altre cose, ognuno di noi è diverso, fortunatamente, ed ha modelli di riferimento distinti, ci sono donne che si identificano con modelli femminili più forti, mi viene in mente la grande Tina Turner in Mad Max, altre con donne più simpatiche (Jamie Lee Curtis in “Un pesce di nome Wanda”) , dolci (la Paltrow in Sliding Doors), seducenti (Katherine Turner in Brivido Caldo)…
Ma è proprio questa la magia del cinema e della moda, quella di farci sognare e di desiderare di assomigliare a queste splendide donne, non importa se non ci arriveremo mai, importante è stato lo stimolo che ci hanno regalato per migliorarci.
Tutto questo bellissimo cinema mi ha trasportato (immaginando) alla serata degli Oscar, dove vestirei i due attori protagonisti candidati per la miglior prova recitativa, ispirandomi agli anni 20, per lei, e ad un tardo dandismo, per lui.
Abiti per attrice/attore protagonista candidati per l’Oscar di Beatrice Brandini
Infine scrivendo questo post ho avuto la consapevolezza che attori e attrici spesso incarnano ruoli che non gli appartengono, ma grazie alla storia e alla “potenza” del cinema (anche per mezzo dei loro costumi), diventano “altri”. A riflettori spenti ognuno torna se stesso e alla propria vita, che qualche volta non è così dorata come potrebbe sembrare, anche perché generosamente trascurano il loro privato per regalarci emozioni e lampi di felicità.
Buona vita a tutti!
Beatrice
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Ma che magnifico post sul cinema e la moda. Sai che potresti pubblicare un libro su questo?!
Hai citato dei cult sia dal punto di vista cinematografico, sia da quello dello stile e della moda. Una racconto di costume e cinema molto interessante.
Questo post è un capolavoro. Idee, storia, bellezza e tanti bei ricordi. Grazie Beatrice