Takashi Murakami: “Flower Ball 3D Pink”, 2007
“Yuki nel bosco di Murakami”
Non posso non amare questo artista così ludico, colorato, fumettistico, immaginifico…… , autore di occhi e motivi floreali inconfondibili. Con la sua arte mi concede di tornare indietro nel tempo, in un isola fantastica che (sicuramente illudendomi) penso possa “proteggermi” dalle brutture del mondo …
Takashi Murakami “Champignon”
A Milano, nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, ancora per pochi giorni, c’è una bella mostra dedicata a Takashi Murakami. Dipinti, sculture, autoritratti e il primo lungometraggio diretto dallo stesso artista: Jellyfish Eyes.
Sala delle Cariatidi a Palazzo Reale, mostra “Il ciclo di Arhat” personale di Takashi Murakami
Takashi Murakami “Courtesy Blum & Poe”, Los Angeles 2014
Murakami è l’artista giapponese contemporaneo più famoso al mondo, colui che attraverso la sua Factory (dal 1996 la Hiropon per diventare, nel 2001, la Kaikai Kiki Company), ha creato uno stile personalissimo fatto di infantilismo, colore, manga, sorpresa…. , portavoce di quella cultura nipponica che contraddistingue il Giappone contemporaneo.
Takashi Murakami “Flowers Blossoming in This”
L’idea della Factory è un omaggio esplicito a Andy Warhol (anche attraverso il titolo Cowboy che Murakami ha usato per l’opera “My Lonesome Cowboy”), ma se la Factory di Warhol era la crocevia newyorchese del movimento underground, quella di Murakami non ha niente di così “artistico-sentimentale”, è infatti una vera azienda con circa novanta persone che ci lavorano timbrando un cartellino (ve la immaginate Edie Sedgwick o Truman Capote timbrare un cartellino o semplicemente convivere con degli impiegati?). L’artista realizza personalmente e a mano tutti i suoi disegni, li scannerizza e colora con tecniche digitali, per poi passarli agli assistenti che li serigrafano su tela.
Takashi Murakami “Guru Guro”, 2008
Murakami nasce a Tokyo nel 1962. Nel 1993 consegue una laurea in pittura tradizionale presso l’Università di Tokyo e vince una borsa di studio indetta dal MoMa che lo porterà a New York. Nel 2008 il Time l’ha decretato il rappresentate più influente della cultura giapponese contemporanea.
Takashi Murakami “JellyFish Eyes”, 2001
Molto orientato al business, negozia personalmente licenze e contratti commerciali. Ha creato palloni gadget serigrafati e numerati; prodotto e commercializzato pupazzi, agende, t-shirt, skateboard…; borse, bauletti, custodie iPod… per Vuitton, su invito di Marc Jacobs, da sempre sponsor del binomio moda e arte; ha collaborato con Issey Miyake… rendendo incerto il confine fra la “high art” (arte alta), destinata agli intellettuali e ai ricchi collezionisti e “low art”, ovvero quella caratterizzata dagli oggetti prodotti in serie e rivolta al consumatore di massa, interpretando prima di altri il desiderio (che in Giappone trova forse i maggiori adepti), di possedere un oggetto di lusso entrato nell’immaginario collettivo.
Marc Jacobs e Takashi Murakami per Louis Vuitton Monogram Multicolor
Altri esempi della collaborazione fra Takashi Murakami e Louis Vuitton
Tessuti Murakami per Louis Vuitton: Monogram Multicolor, Cherry Blossom, Eyes Serie, Monogram Ceries e Monogramouflage
Negozio Louis Vuitton a New York personalizzato da Takashi Murakami
Murakami percorre tre temi in maniera ciclica, temi universali che sono “bellezza”, “sessualità” e “morte” e, sebbene il suo tratto, i suoi colori e soprattutto i suoi soggetti sembrino infantili, leggeri, ironici, ad una lettura più attenta si rivelano per quello che sono in realtà, ovvero testimoni e trasposizioni stesse di temi complessi dell’ attualità nipponica, fatta di catastrofismi atomici e ambientali, del culto del corpo potenziato e mutato, dell’inadeguatezza fisica, del sesso represso….
Takashi Murakami, scultura
Credo, l’ho già ripetuto più volte, che l’arte deve farci star bene; quello che ci piace, che andiamo a vedere in un museo o in una personale, quello che sogniamo di acquistare, anche attraverso un poster o una litografia, deve principalmente rendere la nostra vita più piacevole e non solo esteticamente; ovunque sarà appesa, esposta, appoggiata… ci ricorderà un momento particolare e ci farà capire che la vita, nonostante le difficoltà e le delusioni, può essere sempre bella. L’arte per me è questo e assolve questa funzione, per questo l’ho sempre amata e, attraverso di lei, mi sono sempre costruita un mondo immaginario di totale protezione…
Takashi Murakami “And Then (White) 6000
Murakami dice: “L’artista, oltre a trasmettere una concezione del mondo e criticare la società, deve rispondere a delle aspettative. E’ legge di mercato. Per vendere, l’azienda deve conoscere i desideri dell’acquirente finale, fino a predirne le esigenze”. Anche per questo amo Murakami, non è ipocrita, non dice che l’arte deve essere solo sentimento e passione, ma le riconosce, oggi più che mai, un ruolo legato al business (Jeff Koons e Damien Hirst insegnano). Ma allo stesso tempo Murakami è un artista meticoloso (agli inizi della sua carriera un opera gli costava 4 mesi di lavoro, dedicando ad essa 18 ore al giorno), grande conoscitore del passato, soprattutto quello legato alla sua nazione, il Giappone, che tratta sempre con grande rispetto.
Takashi Murakami foto Koichiro Matsui
Grazie Murakami, mi piace quello che fai e mi riconcilia con il mondo. Vorrei possedere una tua opera per appenderla in camera da letto, così da potermi addormentare beatamente felice.
Mini collezione “ispirazione Murakami”, di Beatrice Brandini
Mini collezione “ispirazione Murakami”, di Beatrice Brandini
Mini collezione “ispirazione Murakami”, di Beatrice Brandini
Buona vita a tutti!
Beatrice