“Semel in anno licet insanire” – “Una volta l’anno è lecito impazzire”. W il Carnevale!

“Colombina” di Beatrice Brandini

“È polvere di sole” di Michelangelo Francesconi

La parola Carnevale deriva dal latino carmen levare, ovvero eliminare la carne, poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva il martedì grasso (ultimo giorno del Carnevale) prima del periodo di digiuno della Quaresima in cui diventava vietato mangiare carne.

   

“La Festa dei folli” di Luca Bertozzi

Dunque questa festività ha origini molto lontane, nella Roma antica, dalle feste del periodo classico greco, o addirittura il travestimento sembra nascere in onore della dea egizia Iside.

“E quindi usciamo a riveder le stelle” di Umberto, Stefano, Michele Cinquini e Silvia Cirri

“To bit or not to bit?” Di Alessandro Vanni

Nel corso dei secoli non ha cambiato molto il suo significato, restando una delle festività più amate anche proprio per la possibilità di mascherarsi e quindi di entrare nei panni di qualcun altro. Ma se in antichità mascherarsi significava anche raccogliere le energie delle divinità o delle forze della natura da cui la maschera prendeva origine, oggi prendersi una pausa da se stessi per diventare un eroina, o qualsiasi cosa si desideri essere, mi sembra un regalo, soprattutto in questo momento storico in cui intorno a noi c’è molta tristezza.

“Voglio una vita decovizzata” di Priscilla Borri

“Vinyago” (Maschere) di Michele Canova

In Italia ci sono moltissimi festeggiamenti per il Carnevale, con carnevali famosi, come quelli di Venezia in cui si sfoggiano costumi bellissimi,  quello di Viareggio, con i suoi famosi carri allegorici, quello di Acireale o di Ivrea con la celebre Battaglia elle Arance.

“Dotti, medici e sapienti” di Alessandro Avanzini

“Buffalo Biden” di Carlo Lombardi

A vedere il Carnevale di Viareggio ci vado fin da bambina, prima con mio nonno Mario, e adesso con mio figlio. Storicamente questo Carnevale ha origini lontane, la prima sfilata si celebrò in onore del Martedì Grasso nel lontano febbraio del 1873. Nel corso degli anni la fama di questo evento è cresciuta facendolo diventare molto popolare, e tanta di questa popolarità si deve soprattutto ai suoi carri allegorici che storicamente erano fatti in legno e juta. I maestri carristi, così sono chiamate le maestranze che ogni anno stupiscono il mondo con la loro fantasia, non si sono più fermati, neppure la guerra mondiale riuscì a distruggere questa manifestazione. 

“Qui  ora” di Matteo Raciti

Particolare di un carro vi Viareggio

Tuttavia, la vera rivoluzione, avvenne nel 1925 quando ad alcuni costruttori venne in mente di perfezionare la tecnica della carta a calco, conosciuta come cartapesta, che consentiva costruzioni maestose e animate. Nel 1930 Uberto Bonetti, famoso pittore futurista, ideò il Burlamacco, maschera simbolo di Viareggio, e nel 1931 fu accompagnato dalla presenza di Ondina, bagnante simbolo della stagione estiva. Il Carnevale di Viareggio non è soltanto “folklore” ma uno vero spettacolo d’arte, tradizione e cultura.

I maestri costruttori viareggini sono i realizzatori di questi straordinari macchinari allegorici, veri e propri teatri viaggianti, che sanno essere anche cronaca e testimonianza di ciò che accade nel mondo. I carristi ieri, oggi e domani, hanno il compito di costudire questo patrimonio artistico, una forma espressiva ammirata e copiata un pò in tutto il mondo. Come diceva il grande artista Alfredo Morescalchi: “Il Carnevale è una cosa seria che racconta i sentimenti di ogni epoca.”

   

La performance di Federico Martelli, già finalista di Italian’s Got Talent, devo dire che appena hanno intonato due note, tutti a cantare “BELLO BELLO”

A Venezia la tradizione del Carnevale ha origini molto più lontane. Il primo documento in cui si cita ufficialmente il Carnevale come festa pubblica è un editto del Senato della Serenissima, del 1296, ma già nel 1271 si hanno testimonianze di botteghe artigiane per la produzione di maschere.

Il Burlamacco creato da Uberto Bonetti

Nel Settecento il Carnevale di Venezia conosce la sua massima apoteosi, acquisendo una risonanza internazionale che lo proietta in tutta Europa. La suggestione di Venezia, e ci sono stata molte volte con mio papà, è la città stessa, già magica, che si trasforma nelle strade, nelle calli, in un palcoscenico con maschere maestose, misteriose, a volte persino trasgressive. Ricordiamo soprattutto il Bauta, con il suo mantello nero, detto anche tabarro, una maschera appoggiata su un volto bianco e il famoso cappello a tricorno.

In quasi tutti i carri inneggiava la bandiera di PACE, una richiesta unanime da parte di tutti. Anche a Viareggio il covid ha spazzato via moltissime attività. Per città turistiche come questa, l’impossibilità di viaggiare, di fare vacanze, di stare bene,  ha significato un pò morire. Allora perché ancora una guerra?

Penso che la magia del Carnevale sia proprio espressa dalla possibilità di mascherarsi,  abbattendo barriere di genere e di gerarchie. In un giorno puoi sentirti un Re o un Eroe,  un gangster o la Principessa delle favole, quello che più ti piace o ti ispira, dedicando quel giorno al divertimento, allo scherzo e al gioco, proprio come facevi da piccola.

Buona vita a tutti!

Beatrice

 

Un commento su ““Semel in anno licet insanire” – “Una volta l’anno è lecito impazzire”. W il Carnevale!

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